16 maggio 2024
Aggiornato 15:30
Il “Principe del Porn Groove” a Trieste

Immanuel Casto: “Io, controverso cantore del sociale”

Vorrebbe legalizzare la prostituzione, e intanto ne denuncia le brutture con un gioco da tavolo. La star più discussa del web ci parla della sua vita privata e dei suoi progetti, tra cui un doppio album intimista nel 2017

TRIESTE - Non c’è una definizione, per Immanuel Casto. I suoi titoli nobiliari non valgono. Lo chiamano ‘Il principe’, del regno di ‘Porn Groove’, un genere inventato per lui solo: sonorità elettroniche raffinate e ritornelli orecchiabili che descrivono sesso esplicito. Lo chiamano ‘Il vate’, come D’Annunzio, per quell’insistere sui piaceri della carne e i vestiti di gran gusto sulle copertine. E invece ho davanti un ragazzo educato e sorridente, con una semplice maglia nera.
Immanuel Casto è a Trieste per firmare le copie di ‘Squillo’, il suo gioco da tavolo sulla prostituzione, il più venduto del momento, e il più discusso, si è cercato addirittura di vietarne la vendita. Il casto ideatore è ritenuto un avvoltoio che si arricchisce sulle disgrazie delle donne costrette a vendersi, ma allora perché le carte sono disegnate da Martina Poli, una femminista dichiarata? Perché un’attivista dovrebbe vendersi a un pappone blasfemo che non ha rispetto per nessuno? Voglio vederci più chiaro, e chiedo udienza al Principe.

Immanuel, per ‘Squillo’ sei stato accusato di trattare il tema della prostituzione con leggerezza, ma io vedo  il contrario perché  ce ne mostri il lato più oscuro: malattie veneree, droga, suicidio e traffico di organi. Forse, ben nascosto dentro di te, c’è un cantore del sociale, però tutti vengono ai tuoi concerti per cantare ‘quanto è gaia la papaya’. Ho ragione?
«La tua analisi è giusta. Se non una denuncia io cerco di delineare un affresco sociale, in cui metto a nudo gli aspetti più paradossali della nostra società e c’è una parte del pubblico che lo capisce: è a loro che mi rivolgo. Squillo parla degli aspetti più torbidi del mondo del sesso ma non li vuole certo promuovere, piuttosto portarli alla luce. Nella musica ho parlato di temi come i disturbi alimentari, l’attrazione morbosa per la cronaca nera, o l’accettazione di sé stessi e della propria sessualità, ma vengo ricordato per gli aspetti più demenziali. Non c’è niente di male, perché è una parte di me e l’ho creata io, però ero agli inizi e ora sto crescendo».

Tornando alla prostituzione: forse non sai che il nostro vicesindaco ha proposto una sanzione di 500 Euro a chi si ferma in macchina a contrattare prestazioni sessuali. Lo trovi un provvedimento utile contro i crimini di cui parli? O hai in mente una tua ‘riforma della prostituzione’?
«Io sono assolutamente a favore della legalizzazione. Se qualcuno vuole prostituirsi per libera scelta deve farlo in luoghi deputati, sicuri e con una regolare tassazione».

Dove ci porterai nella prossima espansione di Squillo e nel tuo prossimo album?
«Il prossimo sarà il capitolo conclusivo, sarà ambientato nel futuro e nel mondo della fantascienza e si chiamerà ‘Deep space sixty-nine’. Parodizzerò Star Wars, Star Trek  e altri universi affini. Il prossimo album uscirà alla fine del 2017, con temi più intimi e ponderati. È possibile che sia un doppio album, con i pezzi più ‘seri’ separati da quelli divertenti. Anticipo che molti brani parleranno di religione».

«The Alphabet of love», la tua prima hit in inglese, ha debuttato su ‘pornhub’. Se mi passi il termine, hai voluto penetrare dal retro nel mercato europeo?
(Ride) «Beh, la canzone sembra veramente lo spot di ‘pornhub’, descrive tutte le categorie di film hard dalla A alla Z, infatti hanno accettato e sono stato il primo a lanciare un semplice video musicale su un sito porno.  Ho tentato questo esordio esterofilo pensando  ‘se la musica non l’ascoltano tutti, i porno invece li guardano tutti».

Lapo Elkann, che hai citato in ’50 bocca 100 amore’, ha fatto parlare di sè ultimamente, e leggendo i giornali sembrava di leggere il fumetto di Squillo. Sei molto realistico quando descrivi questi ambienti: tu le hai viste, le escort che ‘vomitano champagne sulle scarpe Yves Saint Laurent’? Quanto vicino sei a quel mondo?
«Io quelle feste in Sardegna le ho viste, è un mondo che ho osservato, ma di cui non faccio parte e me ne tengo a distanza. Io non giudico chi diventa escort per libera scelta, mi disgusta il fatto che venga visto come uno status al quale assurgere, a cui non si arriva col lavoro e la passione, ma con la mercificazione del proprio essere. O la prostituzione, metaforica, di chi decide di immolarsi a lacché dei poteri forti per raggiungere una presunta ‘cricca’. Questi ambienti mi danno il voltastomaco per quello che pretendono di rappresentare: un punto d’arrivo».

Una domanda morbosa, ma è solo quello che si stanno chiedendo tutti: com’è la tua vita sentimentale?
«Abbastanza vuota: ho due gatti. È molto difficile per me, innamorarmi ed essere corrisposto. A volte la mia fama mi precede: come quel ragazzo che ha rovinato un bel momento per mandare un selfie con me agli amici. Le aspettative, alte o basse, uccidono i rapporti e verso di me ce ne sono sempre, di ogni tipo. Ciononostante, non smetto di credere nell’amore, perché l’ho vissuto. Almeno, so che non morirò senza averlo provato, e preferisco morire aspettando che arrivi ancora piuttosto che accontentarmi».

Forse l’ho trovata, la mia definizione di Immanuel Casto. Non è un eroe, ma non è neanche un avvoltoio. Non è un principe, ma non è di certo un povero. Il suo ruolo è comunque nobile: é il giullare dalla lingua sottile, che ridendo e mostrando le natiche espone i vizi di corte al pubblico dileggio.