20 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Musica

Loreena McKennitt: la voce della Nuova Era incanta Trieste

Quasi due ore con i suoi più grandi successi intervallati da altrettanti interventi sulla genesi dei medesimi, sullo sfondo cinque bracieri a regalare al pubblico del Rossetti un'atmosfera unica, di un'altra Era

TRIESTE - Negli anni '90 un calderone di pensiero positivo, meditazioni sincretiste, musiche etniche di paesi sconosciuti usciva dal mercato underground per approdare a quello mainstream. Un baraccone totalmente privo di street-credibility invadeva ogni abitazione che si rispetti. Il ‘maestro’ Franco Battiato sputtanava i sedicenti maestri nuage già da un bel po' pontificando "i Buddha vanno sopra i comodini, i mantra a 1000 Lire, gli incensi di Dior".

New Age: solo spazzatura di bella presenza, dubbia sostanza, facile da vendersi, ottima per lavarsi la coscienza nei weekend? La maggior parte di quei prodotti, e con ogni probabilità. La matrice celtica della corrente (se di corrente si può parlare) era però più evoluta e trainata da veri artisti. Tra questi, indubbiamente degna di tal nome: Loreena McKennitt.

Canadese di origini scozzesi e irlandesi, la sua vita è dapprima un viaggio - reale, metafisico e musicale - alla ricerca delle proprie origini, e una volta ritrovate - una nuova partenza in direzione Oriente. Un'hippy con le rune e l' I-ching in tasca che si esibisce in improbabili stazioni ferroviarie del Regno Unito e che un attimo dopo porta la sua title track ‘Thebonny swans’ sul palcoscenico estivo del Festivalbar. Tutto questo senza cedere di una virgola in termini di credibilità, si diceva.

Arpista delicata, voce con tonalità di rara purezza, capacità di selezionare collaboratori di bravura superlativa, cura dell'immagine. E poi un carisma indiscutibile, e una chioma rossa fluente come da immaginario collettivo che si conviene a una femminilità celtica. Successo che le sorride fino a un terribile lutto che le porta a crisi compositiva che durerà quasi un decennio.

Il ritorno, come sanno fare solamente i grandi, a ventuno anni di distanza dall'irripetibile performance al Folkest e accompagnata dai fidi scudieri Brian Hughes (chitarra che ricorda tantissimo un altro Maestro, tale Mike Oldfield) e Caroline Lavelle, magnetica fata turchina alla viola. Quasi due ore con i suoi più grandi successi intervallati da altrettanti interventi sulla genesi dei medesimi, sullo sfondo cinque bracieri a regalare al pubblico del Rossetti un'atmosfera unica, di un'altra Era.

Si chiude con Highway man e la nostalgica Dante's prayer con il suo dolce quanto disperato appello che sfuma in dissolvenza "please remember me». Commozione e distacco, evoluzione. Loreena McKennitt, è molto probabile - ti ricorderemo.