19 aprile 2024
Aggiornato 12:30
Sertubi

Serracchiani: «No alla Cassa integrazione senza un piano industriale»

L'azienda non ha fornito né un preciso piano industriale, né indicazioni di investimenti che garantiscano un futuro allo stabilimento e ai suoi dipendenti. La presidente del Fvg: «Sertubi avrebbe potuto utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalla Regione e dal Governo»

TRIESTE - «Se l'unica proposta di Jindal per la Sertubi è il ricorso alla Cassa integrazione la Regione non è disposta a
mettere soldi pubblici. Al contrario, se intende presentare un piano industriale puntuale e dare un futuro all'azienda siamo
pronti a valutarla»
. Questa la posizione della presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, emersa durante il
Tavolo sulla crisi dello stabilimento triestino tenutosi a Roma al ministero dello Sviluppo economico, al quale oltre ai vertici dell'impresa e ai sindacati, ha partecipato anche il viceministro Teresa Bellanova. Durante il vertice Maneesh Kumar, presidente del consiglio di amministrazione di Jindal Italia (ramificazione italiana del colosso siderurgico indiano che nel 2011 ha affittato la Sertubi da Duferco), ha richiesto il supporto del governo per la riduzione dei dazi antidumping e segnalato le difficoltà in cui versa l'azienda, ma non ha fornito né un preciso piano industriale, né indicazioni di investimenti che garantiscano un futuro allo stabilimento e ai suoi dipendenti. L'azienda ha, però, annunciato il ricorso, nel caso non arrivino nuove commesse, alla cassa integrazione per un periodo di sei settimane a partire dal mese di giugno.

Manca un piano industriale
Serracchiani ha spiegato che «nonostante la disponibilità dimostrata da Regione e Governo, Jindal non ha presentato alcun piano industriale concreto. Non è finora emerso nulla di nuovo rispetto al passato, tranne che i macchinari dell'impianto sono stati spostati in India - ha precisato -. Sertubi avrebbe potuto utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalla Regione e dal Governo, anche nell'ambito della Crisi industriale complessa di Trieste, per proporre un progetto di reale rilancio, ma non lo ha fatto. Ricordo, infatti, che la Regione ha lavorato per inserire l'impianto all'interno dell'area della Cic di Trieste con tutto ciò che comporta in termini di vantaggi per l'insediamento industriale». Il viceministro Bellanova e la presidente Serracchiani si sono quindi dimostrate disponibili ad approfondire la questione del rilancio dell'azienda, ma hanno sottolineato la necessità di ricevere progetti concreti, e il vertice è stato aggiornato alla
seconda metà di giugno con un incontro ristretto tra l'azienda, la Regione e il Governo, al quale seguirà poi una nuova riunione del Tavolo di crisi. Una posizione, quella di Serracchiani, condivisa dalle sigle sindacali che hanno a loro volta espresso preoccupazione per la mancanza di un piano industriale e per l'ipotesi della cassa integrazione, soprattutto dopo i pesanti tagli al personale effettuati nel 2013, quando di 206 dipendenti ne furono licenziati 127, e alle ferie forzate imposte negli ultimi mesi.